Il Parma di Fabio Pecchia nel corso delle ultime settimane si è trovato a fronteggiare un’emergenza che di rado si verifica nel calcio, facendo i conti con la doppia cifra di calciatori assenti.
In occasione della gara contro il Como l’allenatore ducale ha dovuto escludere dalla lista dei convocati una vera e propria formazione titolare: i portieri titolari Buffon e Chichizola, Cobbaut, Romagnoli, Oosterwolde (squalificato), Ansaldi, Bernabè, Camara, Coulibaly, l’attaccante Roberto Inglese, Charpentier e l’asse romeno Man e Mihaila
Una serie di infortuni ribaltati grazie ai giovani
Nonostante i 13 indisponibili, piuttosto equamente distribuiti tra i ruoli, la compagine crociata ha portato a casa la sfida imponendosi per 1-0 ai danni del Como grazie al gol di Enrico Del Prato.
Tre punti dal valore simbolico enorme e che rimarcano un concetto affatto banale: saper lavorare coi giovani non garantisce soltanto plusvalenze future, ma risultati nel presente.
Su 16 calciatori utilizzati nel corso del match contro i lariani, ben 9 di essi sono nati dopo il 2000 e 11 sono Under 23. Dal 2004 Dario Sits al 2003 Ange-Yoan Bonny, attaccanti subentrati con la giusta abnegazione e cattiveria agonistica, a quelle che ormai sono autentiche certezze come Edoardo Corvi, portiere 2001 al terzo clean sheet in 3 gare di Serie BKT, o il centrocampista 2002 Antoine Hainaut utilizzato per l’occasione come esterno d’attacco a destra, tutte le risorse a cui Pecchia ha attinto si sono rivelate valide.
3️⃣ partite e 3️⃣ clean sheet 👌
𝙀𝙙𝙤𝙖𝙧𝙙𝙤 𝘾𝙤𝙧𝙫𝙞, 𝙘𝙡𝙖𝙨𝙨𝙚 2001.
Un'altra nuova certezza tra i pali del @1913parmacalcio. #SerieBKTpic.twitter.com/iW3lL2I2SB— Lega B (@Lega_B) November 1, 2022
Il discorso va ben oltre la mera validità tecnica, che il Parma lavori bene coi giovani è noto e i risultati di squadra e individuali delle selezioni giovanili del club lo testimoniano. L’ottimo lavoro di scouting e di formazione svolto dagli addetti ai lavori della società è tuttavia splendidamente completato dallo staff tecnico della Prima Squadra. La sensazione che si ha osservando il modo in cui tutti questi elementi con poca esperienza solcano il campo è che siano perfettamente integrati nel gruppo. Avere l’opportunità di allenarsi con calciatori di enorme caratura tecnica quali Franco Vazquez o Roberto Inglese permette a tutti di crescere dal punto di vista della conoscenza del gioco, della personalità e dell’esperienza.
La bravura di Fabio Pecchia però non è stata solo quella di creare l’amalgama in un variegatissimo spogliatoio. Se l’aspetto mentale gioca un ruolo cruciale, quello identitario è altrettanto essenziale. A prescindere dalla posizione in cui vengono schierati e dal tipo di avversario che affrontano, tutti i giocatori della rosa ducale sanno perfettamente come comportarsi in campo. Un simile risultato si ottiene soltanto lavorando con insistenza su principi di gioco che vengono riconosciuti come validi, appresi e perfezionati da tutti.
L’assoluta sinergia di intenti sta facendo la differenza rispetto alle precedenti stagioni dell’era Kyle Krause in Emilia e a crearla è stato senz’ombra di dubbio l’allenatore.
A causa dell’emorragia di infortuni non si è mai visto il miglior Parma possibile, ma è stato possibile toccare con mano l’eccezionalità del lavoro svolto. Nonostante cognomi importanti, non ci sono create figure ingombranti. L’unità è tale che a prescindere da coloro scendono in campo l’anima dei crociati resta immutata.
Dopo un biennio sfortunato dal punto di vista dei risultati, il Parma si sta palesando per quello che era il progetto iniziale nella testa della proprietà americana.