L’isola di Palmaria giusto ad un passo, anzi ad una bracciata. In mezzo il lungomare di Portovenere a dividere il Tirreno dai tavoli del ristorante Le Tre Torri. Marco Ganapini è alle prese con pesce crudo, frutti di mare ed i turisti da servire ai tavoli. C’è perfino una tavolata di giapponesi che non essendosi resa conto del paradiso nel quale è capitata ordina un piatto di penne all’arrabbiata!
Marco li guarda con un po’ di curiosità, ma poi lascia che a prendere il sopravvento sia il detto che "il cliente ha sempre ragione".
D’altra parte è abituato bene, perché ai suoi tavoli si accomodano ogni settimana gli amici calciatori e lo staff dello Spezia. "Dal 1999 sono diventato un punto di riferimento anche per le loro famiglie", racconta Marco che ci tiene a precisare che "il segreto del nostro rapporto è la mia grande discrezione. Non chiedo mai nulla, al massimo che tipo di primo gradiscono".
Ma nella maggior parte dei casi non deve chiedere neanche quello perché conosce tutti i loro gusti. "Bjelica, ad esempio, era ghiotto di una torta ricotta e frutti di bosco. Gli piaceva talmente tanto che a volte la portava anche a casa o addirittura nello spogliatoio da dividere con i suoi giocatori". Gli danno tutti grandi soddisfazioni: "faccio fatica a dire chi sia la migliore forchetta perché tutti quanti sono sempre contenti di quello che mangiano".
Tutti più uno: "Sono diventato molto amico di Carlo Ancelotti che poi è anche un mio cliente". Un colpo di fortuna che vale doppio: "Oltre che tifoso dello Spezia sono da sempre tifoso del Milan. L’ho seguito in tutto il mondo, e dopo essere diventato amico di Carlo, il mio sogno è diventato ancora più bello". Da Manchester ad Atene passando per la notte da incubo di Istanbul. "Negli anni la mia fede non è mai cambiata, anche se qualche anno fa vivevamo momenti molto più esaltanti di ora". Sempre al fianco di Ancelotti, anche a tavola. "I suoi piatti preferiti sono il crudo di pesce e la pasta al pesto".
Ed è per questo che adesso lo segue un po’ ovunque, da Londra a Madrid con la prossima tappa già fissata a Monaco. "Ma alla fine divento tifoso di tutti i ragazzi che passano da qui. E così insieme ai risultati dello Spezia vado sempre a vedere come sono andate le partite di tutti loro in giro per l’Italia e per il mondo".
Ma non è solo cibo l’avventura ligure. C’è un’altra, caratteristica, novità ad accompagnare la stagione degli uomini di Di Carlo: prima ingranata e via. Un paio di colpi sul clacson e l’apecar dello Spezia viaggia che è una bellezza. Alla guida c’è Federico La Valle che è il primo caso di essere umano più famoso del curioso mezzo di locomozione del quale è alla guida. Paradossalmente sembra quasi che la vera attrazione in città sia lui e non il tre-ruote sul a bordo del quale scarrozza per la città i prodotti ufficiali dello Spezia. “Sono stato in curva per una vita – racconta Federico – praticamente mi conoscono tutti”. Impossibile stare fermi a parlare per più di 5’ senza che qualcuno lo chiami o lo saluti. “Sono un po’ tutti come i miei figli, li ho visti crescere e anche chi non riconosce la mia faccia sa bene qual è il tono della mia voce”. Si, perché Federico, oltre ad essere il pilota dell’apecar, dello Spezia è anche lo speaker ufficiale da oltre 20 anni.
Ma sopratutto, prima, è stato un punto di riferimento all’interno della storica Curva Ferrovia. “Ne ho viste di tutti i colori, anche se la più bella l’ho vissuta dopo una trasferta a Padova in serie C. Avevamo vinto e c’era grande entusiasmo e così Scazzola venne sotto la curva e regalò la sua maglia al nostro gruppo di tifosi presenti nel settore ospiti. Il problema fu che all’epoca non c’erano tante maglie a disposizione e la settimana dopo la squadra ne aveva solo 10. Così il direttore generale mi chiamò in settimana e mi chiese di recuperare la maglia di Scazzola: dovetti fare un giro di una notte per rintracciare il fortunato tifoso, che alla fine si convinse a consegnare il prezioso cimelio”.
Oggi, invece, le maglie le vende lui, all’esterno dello stadio e per conto dello Spezia, rigorosamente a bordo del suo apecar. “Ad inizio stagione la più richiesta era quella di Catellani, poi Calaiò e Nenè. Anche se va molto di moda la personalizzazione con il proprio nome e la data di nascita o gli anni”. E’ un personaggio vulcanico Federico, e a bordo dell’apecar non si ferma un attimo. “Ho solo il problema della retromarcia, che non c’è. E per andare indietro uso l’invertitore”…anche se visti gli ultimi risultati in campo, lo Spezia sembra abituato a guardare sempre avanti.
E non si può, parlando dello Spezia, non raccontare infine la storia di un traguardo unico raggiunto da una squadra indimenticabile.
Una leggera corsetta, un po’ di torello, qualche scatto e due tiri in porta. Quando oggi parliamo di riscaldamento prepartita si fa immediatamente riferimento a queste scene. Difficile immaginare che quando la squadra dei Vigili del Fuoco di La Spezia andava a giocarsi lo scudetto del 1944 il suo riscaldamento era fatto di “baratto”. Rame e sale – prodotti facilmente reperibili in città – venivano scambiati con gli abitanti del posto con pane, pasta o altri generi alimentari di vitale necessità. Viaggiavano a bordo di un’autobotte scoperta, incuranti del clima e della pioggia. Si partiva sempre dalla porta dell’Arsenale in città e si ritornava lì. In caso di vittoria si arrivava in piazza e si suonava la tromba per farsi sentire da tutti.
Rischiare la vita durante la settimana e scendere in campo la domenica pomeriggio. Storie di un’altra epoca, storie di un altro calcio. D’altra parte nel 1944 in Italia il calcio era solo una distrazione dalla vita quotidiana che voleva dire seconda guerra mondiale. A La Spezia, la città più bombardata del paese, ancora di più, anche perché una squadra di professionisti a tutti gli effetti non esisteva più. Però il calcio era tutto, per la città e per i cittadini che storicamente hanno saputo aggregarsi solo ed esclusivamente quando si trattava di andare al Picco a vedere la partita.
Ecco perché a Ottavio Barbieri (già secondo di Vittorio Pozzo sulla panchina della nazionale italiana) fu affidata una squadra di ragazzi che per giocare vennero fatti assumere dai Vigili del Fuoco.
Nel luglio del 1944 la squadra si qualifica per disputare il triangolare con Venezia e Torino – il Grande Torino – a Milano. Prima partita pareggio con il Venezia, poi il giorno dopo lo storico successo sul Toro per 2-1. La Gazzetta dello Sport celebra il successo della squadra dei Vigili del Fuoco di La Spezia chiamandoli “Campioni d’Italia”, ma qualcosa in Federazione va storto. Prima il Torino minaccia di non voler disputare la propria partita con il Venezia nella speranza di mandare a monte il campionato e poi la Federazione finisce per non voler riconoscere il titolo allo Spezia. “L’8 agosto fu consegnata una coppetta durante un trasloco”, racconta il giornalista Armando Napoletano che ha ricostruito tutta la vicenda negli anni 2000. “In città non ci credeva nessuno nella possibilità di vittoria di quel titolo perché il Grande Torino era strafavorito”. Ma il campo disse tutt’altro. Grazie agli schemi all’avanguardia di Barbieri, che proprio in questi anni inventò la figura del libero e dell’ala destra, i Vigili del Fuoco si aggiudicarono uno scudetto mai riconosciuto ufficialmente, ma ugualmente storico. “La squadra dormiva in una caserma a Brescia e siccome l’autobotte che li trasportava era scoperta le divise erano sistematicamente bagnate dalla pioggia. Per asciugarle vennero messe in dei forni, ma alcuni si dimenticarono di toglierle in tempo e furono costretti a scendere in campo con le divise bruciate in molti punti”.
Non a caso, lo Spezia è l’unica squadra italiana – oltre a quella che ogni anno vince il campionato di Serie A -a portare il tricolore sulla propria maglia, grazie ad un titolo onorifico riconosciuto solo nel 2002 dopo una lunga battaglia legale. Nel campionato del 1945, infatti, la squadra non fu neanche iscritta al campionato e solo grazie ad una deroga nel ’46 ripartì dalla Serie B.
Ancora oggi, a distanza di più di 70 anni, i tifosi dello Spezia ripercorrono la stessa strada che collega la porta dell’Arsenale al Picco ogni qual volta si gioca la partita casalinga. Anche perché in città non c’è nulla che crei più aggregazione della squadra di calcio e la curva Ferrovia è considerata una delle più calde d’Italia per la passione che ci mette al di là di ogni categoria dove giochi lo Spezia.
E i “campioni di Italia” del ’44? Hanno terminato la loro “carriera” come Vigili del Fuoco, senza dimenticare il loro passato da calciatori e con l’amarezza di non aver mai potuto festeggiare al meglio una vittoria che solo a distanza di quasi 60 anni ha acquisito il riconoscimento meritato.
Nella foto Federico La Valle e la sua apecar targata Spezia Calcio